Editoriale 10° numero

di Paola Giordano ed Enrico Palma

 

Le ricorrenze sono sempre qualcosa di estrinseco al fatto che ricorre. È una questione di mera, e forse anche vana, numerologia. E però, come i compleanni e gli anniversari, si festeggiano, con un misto di nostalgia e soddisfazione. Come se si trattasse di riesumare un ricordo felice o di esorcizzare un dolore subito. Anche la nostra rivista, in questa ricorrenza, si imbatte in un numero che di per sé è sempre stato significativo per la storia del pensiero. Si arriva, infatti, a dieci. Concludiamo il quinto anno di attività, tra difficoltà e rinunce, ma sempre con ostinazione, tenacia, regolarità e passione. E, immancabile, con il sostegno degli autori che hanno partecipato alla nostra iniziativa di conoscenza regalando i propri contributi, sempre motivati dalla fresca libertà che la scrittura consapevole di sé costituisce e rappresenta.

Questo, quindi, è un punto di arrivo e insieme di ulteriore slancio, in questi tempi segnati inesorabilmente dall’effimero e dalla vacuità, rispetto ai quali la scrittura, in tutte le sue forme (saggistica, creativa, poetica, diaristica), desidera rappresentare una contromossa, uno spirito di rivalsa, di coraggio, di autenticità, per quanti vogliano leggere le nostre righe, le nostre pagine, i nostri dieci piccoli numeri.

È con orgoglio e insieme con umiltà che licenziamo questo numero, con la speranza che quanto svolto e quanto ancora potrà essere fatto siano meritevoli di interesse e di riflessione.

La nostra nave ideale fatta salpare a caccia delle balene del senso ha una scia già lunga anni dietro di sé. È la scia della vita che gli uomini di conoscenza vogliono lasciare per dire, alla fine, che il loro viaggio è stato.

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