La passione per la musica, il sodalizio con Tidona, il legame con la sua città: Andrea Sciacca parla del suo ritorno sul palco dopo la lunga pausa imposta dal Covid-19
di Paola Giordano
Come da tradizione, a chiudere le Verghiane è sempre l’ospite d’onore: quest’anno il compito è toccato al grande Andrea Tidona, che ha voluto omaggiare il Verga prendendo in prestito “pezzi” tratti da Mastro-don Gesualdo, La Lupa e Jeli il pastore. E lo ha fatto accompagnato musicalmente da Roberto Fuzio e da Andrea Sciacca.
Promettente musicista vizzinese, il ventiquattrenne Andrea Sciacca ha già alle spalle un intenso percorso di studi musicali presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Vincenzo Bellini” di Catania, dove ha approfondito l’affascinante mondo delle percussioni.
È membro della Dioniso band, nata a Catania nel febbraio del 2018, gruppo i cui brani raccontano, con una musica che guarda alla modernità con un insolito retrogusto vintage, storie di passioni folli e ripensamenti, di riflessioni e malinconie.
Al Pequod rivela i retroscena del lavorare con un grande artista come Tidona ma anche le difficoltà vissute da chi come lui ha dovuto rinunciare a regalarsi a un pubblico a causa della paralisi che ha coinvolto l’intera Italia, mondo musicale compreso, la scorsa primavera.
Andrea, cosa ha voluto dire per lei esibirti al fianco di un grande attore come Andrea Tidona?
“Esibirmi al fianco di Andrea Tidona è stato un grande onore e un grande stimolo, sia dal punto di vista musicale che da quello professionale”.
E cosa ha voluto dire farlo proprio nella tua città?
“Sono molto legato a Vizzini e, come sempre, sono entusiasta di poter dare il mio piccolo contributo per la città. Grazie a questa esperienza ho avuto modo di valorizzare e apprezzare ancor meglio i luoghi della mia cara Vizzini tanto citati nelle novelle verghiane. Esibirmi nella mia città con Andrea Tidona, con uno spettacolo incentrato su Giovanni Verga, è stato suggestivo”.
Ci racconti un po’ com’è stato lavorare con Tidona: è una persona esigente? Che rapporto si è creato tra voi?
“Andrea è una persona semplice, umile e dedita al lavoro: un vero professionista. Tra noi si è creata una grande sinergia e un rapporto di stima e collaborazione. Le prove sono state sempre un ottimo modo per poter crescere e perfezionarsi. L’idea di accostare la musica e i suoni in generale alle parole è stata un’idea valida e, pertanto, lo spettacolo è stato il frutto di un lavoro di ricerca e cura di ogni dettaglio”.
Come ha affrontato i suoi studi musicali nella lunga pausa forzata dettata dalla pandemia?
“Durante la pandemia, soprattutto nelle prime due settimane, ho affrontato dei momenti di difficoltà dettati da quella insolita e strana situazione che ha toccato e sta toccando tutt’ora un po’ tutti. La cosa per la quale ho sofferto di più è stato il non poter suonare musica dal vivo. A livello didattico ho continuato senza problemi il mio percorso di studi, seppur da casa”.
Quale tra gli strumenti che ha suonato nell’evento di sabato 19 settembre la rappresenta meglio? Perché?
“Il vibrafono è lo strumento che meglio mi rappresenta. Sono stato da sempre innamorato delle sonorità, per certi versi insolite, di questo meraviglioso strumento, ed è per questo che è stato amore a prima vista. Sonorità talvolta malinconiche e armoniose si contrappongono a composizioni stridule e dissonanti”.
Ci racconti un po’ di lei: quando è nata la passione per la musica? E quando è diventata anche una professione?
“La musica fa parte di me da quando a otto anni, per puro diletto, decisi di voler imparare a suonare il pianoforte: fu così per un paio di anni. Successivamente però, grazie anche ad una evoluzione caratteriale personale e musicale, ho scoperto il mondo delle percussioni e da lì in poi ho pensato che quelle sonorità mi sarebbero appartenute per sempre. La musica è diventata per me una professione senza quasi che me ne accorgessi, perché ho sempre lavorato e collaborato con tante persone, in diversi contesti e per diverse situazioni, sin dai miei 16/17 anni”.
Quali sono, in base alla sua esperienza, le caratteristiche che un artista deve assolutamente avere per arrivare ai livelli più alti? E quali quelle che invece non deve avere?
“Un vero artista deve essere prima di tutto un professionista che dimostri sicurezza e che riesca a lavorare confrontandosi con gli altri. La chiave per essere un bravo artista risiede nell’empatia, nell’umiltà e nella pazienza. Per me un artista non dovrebbe essere egoista, permaloso né superficiale nel lavoro e non solo”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti professionali? Ci sarà ancora spazio per Vizzini?
“I miei prossimi progetti personali sono ancora un’incognita, dettata dall’andamento della curva epidemica del Covid. Ma sono sicuro, come sempre è stato, che ci sarà ancora spazio per Vizzini. Il mio augurio è quello di poter tornare il più presto possibile a professare l’arte a 360 gradi senza impedimenti”.