di Paola Giordano
Non so se io abbia più sete di acqua o più sete di musica o più sete di libertà.
Gabriele D’Annunzio, Il Notturno
Ciascun contributo che leggerete in questo quarto numero – o nei precedenti tre – è diverso dall’altro: per tema, per stile, per “colore”.
Quando abbiamo iniziato ad immaginare cosa potesse diventare Il Pequod o, per meglio dire, cosa volessimo che diventasse, il primo pensiero è stato proprio quello di non voler omologare gli stili di scrittura: ognuno di noi avrebbe avuto carta bianca, ognuno di noi avrebbe potuto esprimere concetti e temi nel modo che avrebbe ritenuto più opportuno e più vicino alla propria personalità. Con questi presupposti abbiamo progettato la rivista, sin dal primo volume.
Lo confesso: nel corso dei primi incontri, quando ancora Il Pequod era solo un sogno nel cassetto di giovani amanti e bramanti di sapere, abbiamo tentato di immaginarla come una rivista monotematica, di trovare un filo conduttore, un “grande tema” che unisse i contributi delle quattro sezioni Dalle parti degli infedeli, Scritture ritrovate, Wunderkammer e Chartarium, lasciando “libera” – com’è giusto che sia per uno spazio riservato alle recensioni – La finestra sul faro. Dopo lunghe, lunghissime chiacchierate però abbiamo sempre optato per non porre “limiti” alla libertà di pensiero e di espressione. Per almeno due motivi: perché la diversità spinge a confrontarsi con altro e con l’Altro; e perché, dopo tale confronto, ti costringe a guardarti dentro. La diversità insomma ci piace.
Non è questa la sede opportuna per discutere di quanto accaduto nelle scorse settimane al disegno di legge Zan. Non entrerò nel merito delle beghe politiche che per mesi hanno preceduto lo sgretolamento al Senato della maggioranza che sosteneva la legge contro l’omotransfobia né mi interessa qui andare alla ricerca dei cosiddetti “franchi tiratori”.
Il punto sul quale vi invito a riflettere è un altro: non dovremmo essere tutti dalla stessa parte se anche chi reputiamo diverso possa avere garantita una maggiore tutela? L’art. 3 della nostra Costituzione recita che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E prosegue precisando, al comma 2, che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”. Si tratta del cosiddetto “principio di uguaglianza” che include una serie di divieti specifici di discriminazione: sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
Credo fortemente che se qualcuno lotta per ottenere maggiori tutele, io non possa che sostenerlo; e credo anche che se questo qualcuno riuscisse a ottenere quelle tutele, io non possa che essere contenta. Perché a vincere non sarebbe quel qualcuno, un singolo cittadino o una singola categoria, ma sarebbe la Civiltà.
Per questo Il Pequod continuerà a sostenere con determinazione e convinzione la bellezza della diversità. Sia essa del tema di un articolo o del colore della pelle o del credo religioso o ancora dell’orientamento sessuale. Al di là delle differenze, il genere umano è uno e uno soltanto.
Buona lettura!