Recensione a:
Kazuo Ishiguro
Klara e il Sole
(Klara and the Sun, 2021)
Traduzione di Susanna Basso
Einaudi, Torino 2021
Pagine 269
di Lucrezia Fava
Klara e il Sole di Kazuo Ishiguro è un libro che conquista in modo quasi impercettibile, con delicatezza e semplicità; non apre prospettive inedite, non ha forza rivelativa e stravolgente, eppure si avverte chiaramente il suo valore e si ha voglia di parlarne. Perché leggendolo si ha il piacere di avere a che fare con gli ingredienti principali della vita umana, opportunamente dosati in una misura che non guasta e che non si guasta, rimanendo una misura tipicamente umana anche se contiene elementi cibernetici, non umani ma umanoidi.
Il timore, la speranza, la solitudine, il narcisismo, l’amore, l’amicizia, l’ambizione, la superstizione, la fede, la razionalità, il sentimento, il limite e il suo superamento: questi e altri composti basilari della nostra quotidianità riempiono anche la quotidianità di un altro mondo potenzialmente in avvenire, in cui esistono umani e umani potenziati, esperienze e destini separati per gli uni e per gli altri, poi anche cyborg dotati di sembianze umane e con funzione di AA, di Amici Artificiali.
Questa esistenza ibrida descritta da Ishiguro sembra in fondo «il riflesso della tenerezza»[1] umana: qualcosa che suscita apprensione e sorriso per noi stessi mentre rende ancora più chiaro ciò di cui abbiamo bisogno, ciò di cui soffriamo, ciò di cui siamo capaci e incapaci. Il riflesso o anche l’ombra, per dirla con le parole di Klara, la protagonista androide del romanzo, che narrando la sua esperienza in negozio, dove attende qualche bambino desideroso di comprarla in qualità di Amica Artificiale e dove osserva e impara le diverse emozioni dei passanti, ammette che avrebbe rintracciato in se stessa alcune di queste emozioni soltanto col passare del tempo e solo in forma alterata, essendo forse «come le ombre disegnate sul pavimento dalle luci del soffitto» (20).
L’esistenza cibernetica a cui ci avviciniamo può dunque riflettere, come fa la luce, l’identità dell’animale umano, ma può anche oscurarla, come fa l’ombra. Più esattamente: essa fa entrambe le cose: riverbera, salda meccanicamente e ripetutamente i contrasti della vita umana, quei nodi dolorosi e problematici di luce e ombra, di bene e male, che il sé vive e riproduce.
Tra i contrasti più evidenti in Klara e il Sole c’è la condizione di Josie, l’adolescente che s’innamora di Klara a prima vista e, previo vaglio e consenso della Madre[2], l’acquista per sé. Josie è spigliata, intraprendente, curiosa, tesa a un futuro brillante, anche grazie agli agi di cui gode nel presente; ma questa sua bella identità e realizzazione è compromessa da una malattia che la indebolisce progressivamente, un male che limita tutto e che avviene nonostante Josie sia stata potenziata geneticamente. Anzi, scopriamo che Josie sta male proprio a causa dell’editing genetico cui è stata sottoposta per volontà dei genitori.
Infatti, fin da quando l’ha avuta in braccio, la Madre ha sentito che Josie «aveva fame di vivere» (245), che «il mondo intero la entusiasmava» (ibidem) e che non poteva negarle l’opportunità di un potenziamento. «Josie esigeva un futuro all’altezza della sua energia» (ibidem). Così «Josie ha scommesso» (ibidem) sul suo destino postumano, o meglio, la Madre ha deciso che avrebbe scommesso, ha lanciato «i dati al suo posto, ma al-la fine era lei a vincere o perdere. Ha puntato alto e […] presto potrebbe perdere tutto» (ibidem) perché una tale scommessa comporta anche un risvolto negativo, una minaccia radicale.
In un momento di forte angoscia per la salute di Josie e il suo progetto esistenziale, che sembra stia fallendo a causa dell’innovazione per cui invece dovrebbe aver successo, la Madre chiede al ragazzino Rick cosa pensa d’aver guadagnato dalla sua vita limitatamente umana; se e cosa, rispetto a Josie, pensa d’aver vinto. «Da’ un’occhiata al tuo futuro» – gli dice – «hai puntato basso e la tua vincita è modesta e meschina. Magari al momento sei soddisfatto. Ma io te lo devo dire: non hai proprio motivo di esserlo. Non un motivo al mondo» (ibidem).
Rick non è stato potenziato ma dimostra d’essere molto intelligente e capace. Abita con la madre in una casa di campagna modesta e trascurata, situata vicino all’appartamento funzionale, moderno e ordinato in cui vive Josie. Rick e Josie sono cresciuti insieme in questo luogo lontano dalle dinamiche della città e hanno un legame profondo e tenero, che fa sorridere il lettore anche per l’ironia con cui l’uno e l’altra si punzecchiano. Tra le poche figure del romanzo è Rick a dire le cose migliori, quelle più risolutive, concise, chiarificatrici e mature. Alla Madre dà una risposta molto più comprensiva e sensata della domanda tagliente e amareggiata che lei gli ha rivolto. A Josie, in un momento di nervosismo in cui lei critica, in maniera un po’ pressante e polemica le debolezze della madre di Rick e la loro influenza sul figlio, Rick replica con una dura verità scrivendola nella vignetta in cui Josie ha disegnato se stessa. La vignetta che svela come possano essere assurde, drammatiche e inemendabili le scelte umane, come sia vincolante e fuori dal nostro controllo la catena degli eventi, recita: «Vorrei poter uscire a passeggiare e correre e andare in skateboard e nuotare nei laghi. Ma non posso per-ché mia madre ha Coraggio. Perciò quello che invece posso fare è stare a letto ed esse-re malata. Sono contenta. Davvero contenta» (117). Il coraggio – qui della Madre a procedere al potenziamento di Josie – come ogni altro aspetto umano non comporta nulla di buono se non avviene insieme alla comprensione dei modi/dei limiti secondo cui può effettivamente esistere una persona.
Anche Rick e Klara sono coinvolti in alcuni eventi e dialoghi decisivi durante i quali l’atteggiamento del primo con l’AA di Josie, inizialmente di indifferenza e distacco, si fa più solidale, diventa intesa e sostegno reciproco per i progetti che hanno entrambi. Con l’aiuto di Rick, Klara riesce infatti a sviluppare il suo piano più importante: un insieme di strategie per contrastare la malattia di Josie e favorire la sua guarigione. D’altra par-te, Klara è stata creata e progettata proprio per compiere il Bene del bambino cui si accompagna, ed eccelle in questo compito perché il suo programma funziona in maniera straordinaria. Klara ha infatti tante qualità esclusive; appare più dotata degli altri AA del negozio, anche degli AA di ultima generazione; Direttrice vanta soprattutto la sua curiosità, «la sua sete di sapere e osservare. La sua capacità di comprendere e mescolare tutto ciò che vede intorno a sé è strabiliante» (40). Klara è anche in grado di provare dei sentimenti grazie a ciò che presumiamo sia una sua particolare, meccanica procedura di calcolo dei dati acquisiti dall’esterno. «Più cose osservo, e più acquisisco accesso a nuovi sentimenti» (88) dice alla Madre, la quale credeva che un AA non avesse senti-menti – pur ritenendo Klara bravissima a comportarsi come se li avesse, cioè a simula-re qualsiasi cosa.
Paradossalmente, questo prodotto incredibile dell’evoluzione tecno-scientifica mette a punto il suo piano d’intervento più importante facendo delle inferenze infantili, evocando e pregando la sua divinità, compiendo atti propiziatori, ammettendo i propri errori e offrendo qualcosa di sacro per ottenere il suo favore. Klara si rivolge al Sole che generosamente dà energia e vita a ogni cosa, anche agli AA la cui carica proviene dall’esposizione alla luce solare. «Ti prego mostra la tua gentilezza ancora una volta e concedi a Josie il tuo aiuto speciale» (241) dice Klara al Sole, come se fosse una natura animata. E chi tra i protagonisti intuisce in Klara la fiduciosa attesa di un cambiamento, e le misteriose pratiche cultuali per le quali Klara desidera la massima privacy, si fida istintivamente di lei. Le dinamiche avveniristiche a cui assistiamo sono dunque profondamente animate da un antico pensiero religioso, fatto di fede, credenza e superstizione.
Klara sì, nutre speranze, è fiduciosa, prova tristezza e felicità, ha paura, è sempre gentile e rispettosa, vuole fare sempre ciò che fa stare bene gli altri perché il suo scopo è appunto che gli altri abbiano beneficio dalle funzioni che è predisposta a svolgere. Ma nonostante provi emozioni e sentimenti, Klara non comprende davvero come “funzionino” per gli esseri umani e gli umani potenziati. Vedendo che Josie è triste perché Rick non va a trovarla, le propone di giocare insieme ma riceve un netto, inaspettato rifiuto. «Non c’è modo che tu possa prendere il posto di Rick. È escluso» (117), le dice Josie. Va in gita con la Madre, nota il contesto intimo tra loro due e pone involontariamente alla Madre una domanda che la indispone; si scusa subito per la sua curiosità (finalizzata a offrire un servizio migliore) e la Madre, piccata, l’avverte: «Non sei autorizzata a essere curiosa» (92). La notte in cui Josie, sopraffatta dal terrore, chiede che venga subito sua madre, Klara in base ai propri parametri risponde giustamente: «Ma tua madre deve riposare […] Sono la tua AA. È proprio per questo che sono qui. Sono sempre qui» (157), suscitando prevedibilmente la dura replica di Josie: «Non ho detto te. Ho bi-sogno della mamma!» (ibidem).
Klara sbaglia, non capisce ancora cosa avviene nell’abbraccio che unisce madre e figlia in un’unica identità, in un’unica condizione d’appartenenza. Non capisce che neppure la migliore esecuzione di un programma può colmare il bisogno dell’amore che naturalmente e umanamente, senza mai seguire schemi univoci e definitivi, si dona e si riceve. Ma questa assenza di comprensione in un AA non è grave. Grave è ciò che essa riflette: i limiti del costruttore, dell’umano che continuamente plasma e possiede dei meccanismi per sopperire alle cose che non riesce a fare, a dare e avere ma che tutta-via ottiene sostanzialmente da simili dispositivi il riflesso, la riproduzione e l’estensione delle proprie mancanze; delle proprie illusioni; della propria solitudine; dell’insensatezza dei propri sforzi; della propria nullità; del fallimento della possibilità di estinguere la propria finitudine.
In Klara e il Sole rivediamo esattamente il dramma, integralmente umano, del rapporto con la mortalità e la finitezza. L’AA viene acquistata infatti non soltanto per esaudire tutti i bisogni di Josie – iniziando dal bisogno di compagnia – ma anche per poterla sostituire nel caso in cui morisse. Nelle pagine centrali del romanzo a Klara viene chiesto di «imparare Josie […] in modo profondo, scrupoloso. Impararla finché non ci sarà più differenza tra una Josie e l’altra» (184). Klara dovrà diventare «la prosecuzione di Josie» (ibidem) per colmare totalmente la sua perdita nella vita di coloro che la amano. Con la sua presenza e prestazione questo androide sofisticatissimo dovrà nullificare l’assenza di Josie, il lutto per Josie, il bisogno continuo e viscerale di Josie: come se tutto ciò non esistesse e non avesse effettività. Ma questo progetto in vista dell’eventualità più temuta ha un difetto di fabbricazione, un limite che non è di Klara ma di chi lo ha ideato e vo-luto. Klara è infatti ragionevolmente convinta di «riuscire nell’intento» (192) di imparare Josie perfettamente, assumere le sue sembianze e riprodurla; ma la Madre, il Padre, chi ama Josie saprà realmente sostituirla nel suo cuore?
L’ingegnere tecnofilo Mr Capaldi pensa di sì, perché crede che non ci sia niente di «inaccessibile dentro ognuno di noi. […] Niente dentro Josie che le Klare di questo mondo non possano proseguire». (184). Perciò, rivolgendosi alla Madre, può affermare: «La seconda Josie non sarà una copia. Sarà esattamente identica e tu avrai tutto il dirit-to di amarla come ami Josie, né più né nemmeno. Non è di fede che hai bisogno. Solo di razionalità». (184-185). Verrebbe da dire a Mr Capaldi che la razionalità di cui parla è soltanto l’utopia a cui egli crede.
Sarà proprio l’AA Klara ad accendere dentro di sé e negli altri una speranza più sen-sata, più umana, volta non all’incredibile strumento di prosecuzione di Josie ma sempli-cemente alla salute di questa ragazzina e a una forza divina come quella solare. E sarà proprio Klara nel finale del romanzo a insegnare perché, anche in presenza di androidi perfettamente funzionanti, Josie, come ogni altra identità umana, è insostituibile.
Note:
1 Cfr. A.G., Biuso, Temporalità e Differenza, Leo S. Olschki, Firenze 2013, p. 52.
2 L’indicazione di alcune figure/alcuni personaggi con l’iniziale maiuscola è di Kazuo Ishiguro.